L’utilizzo delle cosiddette Cooking Experience è sempre più diffuso nell’infinito panorama di format formativi.
Il motivo è abbastanza ovvio: si prende a modello la brigata di cucina per stimolare i manager su organizzazione del lavoro e collaborazione.
Una volta tornati in azienda, i manager protagonisti dell’esperienza potranno così aumentare l’efficienza del proprio team, applicando quanto sperimentato a livello di gruppo e mimando le modalità di lavoro di una cucina.
In realtà, tuttavia, le cose sono un po’ più complesse.
Come abbiamo visto in un precedente articolo, infatti, la scelta del modello rischia di non essere tra le più felici.
Inoltre, il fatto di cucinare di per sé potrebbe avere poca connessione con procedure e situazioni manageriali.
La scorsa settimana abbiamo erogato proprio una cooking experience per un gruppo aziendale internazionale cui abbiamo proposto una esperienza di cucina molto particolare. L’obiettivo dei diversi team era infatti la progettazione, la preparazione e l’allestimento di uno sweet table. Oltre agli aspetti di pianificazione, divisione dei ruoli, comunicazione e implementazione, la creazione di un tavolo di presentazione che valorizzasse il prodotto ha dato largo spazio ad attività creative e di design con cui i partecipanti si sono confrontati.
Il successo e il livello di coinvolgimento dei partecipanti è stato molto elevato e ci ha fatto riflettere su quali potessero essere gli elementi distintivi rispetto ad un classico evento di cooking. Finita la parte di debriefing con tutti i partecipanti, insieme ai 4 chef pasticcieri abbiamo lavorato su un nostro debriefing interno.
Alla fine del lavoro, abbiamo trovato alcuni elementi di interesse per le future progettazioni di pastry experience, che volentieri condividiamo.
1- Rispetto delle procedure e basso margine di errore
Nella pasticceria, il rispetto delle procedure è molto più rilevante rispetto alla cucina classica.
Non si può mettere tutto insieme e mescolare, così come eventuali errori sono molto difficili da recuperare.
Si lavora con margini di errore molto bassi.
L’attenzione deve sempre essere molto elevata per non perdere la sequenza delle singole azioni che devono portare al risultato finale.
Bisogna essere sempre consapevoli di quello che sta accadendo e dei tempi di ogni singolo processo.
Si lavora con la chimica delle materie prime per trasformarle in qualcosa di completamente diverso.
Un’azione giusta al momento sbagliato, o il mancato rispetto di alcune sequenze, porta facilmente a dover rifare tutto da capo.
Un albume per meringhe che impazzisce durante la montatura, una frolla troppo impastata che perde la sua peculiare friabilità o una panna troppo montata che diventa burro a causa della separazione tra la parte grassa e liquida dei suoi componenti sono eventi che difficilmente è possibile arginare.
Bisogna ripartire da capo il più velocemente possibile e aumentare il livello di attenzione sulle procedure e la sensibilità su ciò che avviene qui e ora.
Non puoi distrarti: il cambiamento è repentino e capire quando arriva è un’arte.
2- Orientamento al dettaglio e visione
Nella pasticceria l’attenzione focalizzata è funzionale al risultato. L’attenzione al dettaglio è molto elevata sia nella fase di preparazione sia nella fase di impiattamento e/o presentazione attraverso lo sweet table.
Anche in questo caso portiamo qualche esempio.
Il più semplice riguarda la cioccolata, materia che può essere lavorata solo ed esclusivamente all’interno di una ristretta finestra di temperature.
Oppure della percentuale di zucchero all’interno di gelati e semifreddi che ne varia il punto di congelamento, cambiandone di conseguenza struttura e consistenza.
La cosa però veramente interessante è che questa attenzione al dettaglio si deve combinare con una capacità di visione del prodotto finito, che è solo nella testa dello chef.
Già nella fase della progettazione, lo chef deve essere in grado di immaginare il tavolo allestito, visualizzarne colori e dettagli, immaginando i sapori più adatti al tema e con un’idea chiara della gestione dei tempi di realizzazione dei singoli elementi.
Sarebbe interessante costruire un bel diagramma di Gantt che illustri lo srotolarsi del processo.
3- Adattamento al contesto
Un altro degli elementi differenzianti è la sensibilità e l’attenzione che lo chef (o aspirante tale) deve avere rispetto alle condizioni ambientali. Solo per citarne alcune: temperatura, umidità, livello e modalità di ventilazione del forno, ecc.
Al cambiare anche di poco di un valore, possiamo avere un cambiamento radicale del risultato.
L’esempio del caso è la gestione del livello di umidità ambientale quando si lavora con i macarons. In questo caso, i partecipanti devono prima monitorare il livello di umidità e poi mettere in campo una serie di azioni per contenere gli effetti delle condizioni ambientali prima di mettersi a lavorare sugli aspetti tecnici.
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Come per ogni altra attività che è possibile utilizzare come strumento di formazione, anche le cooking experience vanno utilizzate per allenare competenze specifiche. Questo implica un’attenta progettazione dell’evento e una grande coerenza con gli obiettivi formativi.
Di sicuro si può dire in questo caso che durante la fase finale dell’evento si sperimenta una grande dolcezza!

Photo credits: tutte le foto sono di proprietà di People Group e sono relative all’evento Sweet Table Challenge da noi realizzato


