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Emergenza corona virus, e dopo?

(Tempo di lettura 10')
Nulla sarà più come prima, oppure no? Proviamo a immaginare possibili scenari futuri per farci trovare pronti quando l’emergenza finirà. Cosa troveremo? Proviamo a scoprirlo insieme.
“Appena inizierà il campionato, tutto tornerà alla normalità”
“Nulla sarà più come prima”.

Se potessimo prendere i mezzi pubblici, queste sarebbero due delle frasi più frequenti che probabilmente potremmo ascoltare e che, naturalmente, sono una l’opposto dell’altra.

L’opinione pubblica, si sa, è facilmente influenzabile, basta osservare il fenomeno delle fake news. In questo caso, tuttavia, nessuno sa realmente quello che succederà. Anche persone più o meno esperte, chi di economia, chi di sanità, chi di politica, rappresentano situazioni future che vanno dalla tragedia cosmica a un discreto ottimismo.

Non c’è dubbio che, nell’immediato, quello che sta accadendo ha delle ripercussioni drammatiche, soprattutto nel mondo dell’imprenditoria e delle PMI.

Come ogni crisi, però, anche questa è destinata a finire e chi sarà pronto a ripartire, potrebbe averne sicuramente un vantaggio.

Proviamo allora a vedere cosa possono fare le aziende in questo momento e nella fase post emergenza.

In una situazione così eccezionale, il focus principale devono essere le persone. Se saltano le persone, saltano le aziende.

CHE FARE ORA

Chi ha responsabilità imprenditoriali o manageriali, in questo momento sta affrontando una sfida subdola e insidiosa. Per quanto il principale problema possa apparire al momento la chiusura della saracinesca, c’è un problema più insidioso che attiene alle relazioni tra le persone e alla relazione tra il lavoratore e l’azienda, importante in particolare per le PMI, micro-imprese e start up.

Il cambio di vita radicale e l’incertezza per il futuro fa paura, a tutti. L’impossibilità di scambiare sensazioni ed emozioni in modo diretto come eravamo abituati a fare, è una sorta di mutilazione emotiva che porta a delle conseguenze. In questo senso, chi si trova in una posizione di leadership all’interno dell’azienda, ha il dovere di affrontare e gestire al meglio la situazione; non per sé, ma per tutte le persone di cui hanno la responsabilità.

Il modo di vivere il contesto organizzativo non è più lo stesso, e la priorità del top management dovrebbe adattarsi a questo cambiamento. Lavorare in remoto, soprattutto a causa di un obbligo emergenziale e non a seguito di un progetto di sviluppo, rischia di porre le persone in una condizione di sofferenza e di paura. È proprio in questo momento che le persone hanno bisogno di sentire la presenza di chi rappresenta l’azienda.

Vi prego di non fraintendermi. Non bisogna tralasciare il lavoro e creare lo sportello della disperazione, oppure organizzare una serie infinita di call per far vedere quanto siamo vicini.

Quello che suggerisco è totalmente differente. La comunicazione aziendale da parte dell’imprenditore o mediata dai manager, a seconda della dimensione dell’azienda, dovrebbe essere, invece, improntata ai seguenti principi:

  • Cultura aziendale
    Questo è uno degli elementi più importanti per tenere insieme e sviluppare un’organizzazione nel lungo termine. Se non l’avete già fatto, lavorate a una diffusione capillare della cultura interna e, per sapere a che livello siete, basta chiedere ai propri collaboratori di rispondere un paio di domande come “perché lavori qui?”, o “qual è la missione dell’azienda?”. Le risposte saranno illuminanti
  • Trasparenza
    Coinvolgete tutti i lavoratori in quello che sta succedendo e spiegate loro perché si sono prese o si potrebbero prendere alcune decisioni. Non c’è nulla di peggio di lasciare i lavoratori, soli, a rimuginare sulla loro sorte in un periodo di crisi.
  • Fiducia
    Quello che farete oggi determinerà il livello di fiducia dei vostri collaboratori per almeno i prossimi due anni. Quella fiducia tanto ricercata in un pomeriggio di team building o di cui si parla in un’aula di formazione può essere messa alla prova. Questa è una delle più grandi opportunità che una crisi ci presenta.

Come fare tutto ciò?

Molto dipende dalle peculiari caratteristiche di ogni organizzazione, ma più di ogni altra cosa, dalla reale volontà di mettersi in gioco e di affrontare il cambiamento con il supporto di tutti.

Ci sono diverse possibilità e strumenti pratici. Vediamone qualcuno.

Prima di tutto una regolazione della comunicazione istituzionale che deve essere continua, trasparente e sincera. Ora più che mai, c’è la necessità di far sentire la voce dell’azienda per far sapere come si sta affrontando questo periodo.

La comunicazione istituzionale potrebbe anche servire per comunicare le azioni concrete che l’azienda sta facendo o vuole fare per tutelare e supportare i propri collaboratori.

Se avete collaboratori non dipendenti, anche il semplice supporto a compilare e inviare la domanda all’INPS è un’ottima opportunità. Se le vostre dimensioni e disponibilità ve lo permettono, allora può essere utile andare a vedere cosa hanno fatto Rana e Esselunga, grandi esempi di “lungimiranza d’Impresa”.

L’impegno dell’azienda in azioni concrete di Social Responsability, inoltre, è un’altra opportunità per fortificare e comunicare i propri valori e per avere un impatto positivo sul miglioramento della comunità.

Parlando di supporto, accanto all’utilizzo massivo e imposto di software e applicazioni necessarie al remote working, potrebbe essere utile organizzare sessioni di formazione per aiutare le persone a capire come usare questi nuovi strumenti e come sfruttare al meglio le loro caratteristiche. Non date per scontato che tutti abbiano lo stesso livello di alfabetizzazione digitale, i vostri dipendenti vi ringrazieranno.

Tra gli strumenti utili, sia per trasmettere procedure sia per assorbire elementi di cultura e valori dell’organizzazione, consiglierei applicazioni di gamification. L’utilizzo coerente del gioco, applicato alla trasmissione delle informazioni, può essere molto efficace e potrebbe rappresentare un momento di momentanea evasione e condivisione. Il fattore critico di successo, in questo caso, è la scelta di un fornitore con buone capacità di progettazione (non tecnica) del software.

Un altro strumento molto efficace, soprattutto per lo sviluppo di interessanti software specifici, è l’utilizzo di percorsi di coaching da svolgere su piattaforme virtuali dedicate, che permettono di allenare le competenze manageriali che saranno indispensabili per gestire il futuro.

L’ultimo strumento che prendo in considerazione, ma di cui non sono particolarmente convinto, è l’utilizzo di team building virtuali. Può sembrare un paradosso, dato che come azienda produciamo proprio formazione esperienziale e team building. Tuttavia, in un momento di grande proliferazione di team building virtuali su zoom e similari, il fatto di trasportare qualche gioco d’aula all’interno di una piattaforma di videoconferenze, non lo reputo di alcun aiuto alla costruzione o sviluppo di un team. Sicuramente si possono utilizzare alcune esperienze virtuali per lavorare su soft skill specifiche (non di team building), ma il campo di applicazione attuale è ancora troppo limitato. Su questo, comunque, sto ancora studiando e mi piacerebbe aprire una discussione più approfondita.

COSA FARE DOMANI?

Per capire cosa ci dobbiamo aspettare, può essere utile ripartire dalla polarizzazione dell’opinione pubblica sintetizzata dalle due frasi all’inizio dell’articolo.

“Appena inizierà il campionato, tutto tornerà alla normalità”

Proviamo a immaginare questo come primo scenario, a prescindere dalle cause e dalla reale probabilità che si verifichi. In questo modo siamo liberi di ragionare senza schemi particolarmente rigidi.

Questa ipotesi prevede un ritorno al mondo come lo conoscevamo in un arco temporale relativamente breve. Inoltre, minore è il tempo in cui perdura la minaccia, maggiore sarà la velocità con cui ri-emergeranno consueti schemi di comportamento e abitudini.

Inoltre, una qualsiasi privazione (di cibo, della libertà, ecc.), nel momento in cui cessa, induce un “comportamento di rimbalzo”: le persone esasperano i comportamenti oggetto di privazione come se fossero in astinenza.

Se mi hanno impedito di uscire per andare al parco, una volta che avrò nuovamente la possibilità di uscire, è probabile che la frequenza con cui ricomincerò ad andare al parco sarà maggiore del solito appena finisce il divieto, per ritornare lentamente ai livelli di partenza dopo un certo tempo.

Sta accadendo in questo momento in alcune parti della Cina a seguito della dichiarata fine dell’emergenza.

Se è questo lo scenario, è importante allora essere pronti sia come aziende rivolte al consumer, sia come fornitori di altre aziende. Quello che potrebbe succedere, in caso contrario, è non avere sufficienti risorse per soddisfare un mercato in forte rimbalzo, con un grave danno per noi e per i clienti su due fronti: quello del fatturato e quello dell’immagine.

Su cosa puntare ora in modo da essere pronti domani?

Sfruttare il tempo di confinamento forzato e di una normale diminuzione del lavoro (almeno per la maggior parte delle aziende e dei professionisti) per lavorare su cambiamento, capacità di adattamento e resilienza.

E’ impossibile dare dei consigli validi per tutti, perché ogni situazione è differente e perché chi non ha mai lavorato su questi aspetti ha bisogno di essere guidato più di chi è abituato a confrontarsi con temi così sfuggenti.

Per chi ha figli, tuttavia, esiste un esercizio semplice. Osservate i vostri figli, più sono piccoli, meglio è. La natura ha dotato l’uomo di risorse di inestimabile valore, di cui spesso non siamo consapevoli. Osservate un bambino piccolo come affronta la sfida con l’ambiente. Per lui/lei tutto è nuovo e potenzialmente pericoloso, ma riesce ad affrontare le sfide che questo mondo gli sottopone in maniera geniale e leggera, provando e riprovando senza paura di cadere, piangendo, sbattendo i piedi e ridendo a crepapelle. Senza mai mollare un centimetro di quello che ha guadagnato e con un continuo lavoro di integrazione e processamento degli stimoli esterni.

In alternativa, ora che siamo diventati tutti esperti di zoom, perché non dedicare un’ora al giorno insieme ai colleghi per studiare soluzioni per dare risposte concrete alla ripresa del mercato (coerenti con il business della vostra azienda)?

NULLA SARA’ COME PRIMA

In questo secondo scenario, invece, le nostre più grandi paure prendono forma. La rivoluzione “coronavirus” è definitiva e il mondo non sarà più lo stesso.

In questo scenario immaginario ma non impossibile, dobbiamo tenere in considerazione effetti collaterali dirompenti e ragionare più sul lungo termine.

Immaginate un mondo in cui lo stadio sarà una sorta di monumento ai caduti, un luogo da visitare in piccoli gruppi, in ricordo degli assembramenti da 60.000 – 80.000 persone che avvenivano ogni domenica come se fosse una gigantesca funzione religiosa.

Immaginate un turismo lento, locale, solitario, senza torpedoni pieni di turisti che scattano foto dal bus ormai soppiantati da creativi tuk tuk che trasportano al massimo 3 persone.

Immaginate le aule vuote e abbandonate delle scuole, oggetto di studio di una nuova archeologia urbana e sostituite da una riesumata figura del pedagogo con bollino ministeriale “virus free”, che fa lezione a domicilio per i più ricchi e che arrotonda con lezioni per tutti esclusivamente su piattaforme virtuali nel resto del tempo.

Immaginate le stesse piattaforme virtuali che permetteranno di accalcarci in ambienti virtuali, in un’orgia di avatar collettiva, per assistere ad un concerto o alla messa papale in una piazza S.Pietro ricostruita al computer.

Immaginate un “rimorchio virtuale”, che avverrà su tutta una serie di piattaforme “Tinder-like” in cui una delle prime informazioni da mostrare sarà il rating anticorpale, assegnatoci da studi medici specializzati che certificano il nostro stato di salute e la potenziale tenuta del nostro sistema immunitario.

In questo scenario degno di una sceneggiatura da Black Mirror, saranno presenti solo quelle aziende e quei professionisti che avranno saputo rimettersi in gioco e adattare le loro competenze ad un ambiente completamente nuovo. Gli altri faranno la fine dei dinosauri incapaci di adattarsi alle nuove condizioni dopo la caduta del meteorite.

Se tutto questo fosse vero, su cosa puntare?

Tutta la nostra attenzione e i nostri sforzi dovrebbero essere concentrati anche in questo caso sulla capacità di affrontare il cambiamento, ma con un’attenzione particolare a tutto ciò che è innovazione. Tutte le risorse (economiche, di conoscenza, ecc.) dovranno essere impiegate a supporto di un processo di riconversione e sviluppo verso il nuovo. Le figure che permetteranno la nostra sopravvivenza sociale saranno i nuovi “leader dell’incertezza”, cioè quei politici, imprenditori e manager illuminati e flessibili che saranno in grado di farci intravedere la speranza di un nuovo mondo.

LA TERZA VIA

L’ultimo scenario che è possibile immaginare è piuttosto banale, ma forse il più probabile. Se immaginiamo i primi due come poli opposti di un continuum, tutto quello che si trova nel mezzo potrebbe rappresentare un plausibile terzo scenario.

Qui emergono molte più difficoltà. Le possibilità sono praticamente infinite ed è molto difficile posizionare il cursore nella posizione più probabile. Mentre per i primi due scenari ipotetici e molto polarizzati, risulta più semplice fare delle proiezioni, qui abbiamo troppi elementi che concorrono a rappresentare il futuro.

L’utilità di immaginare situazioni estreme ma improbabili, ci aiuta a focalizzare la nostra attenzione su possibili soluzioni cui altrimenti non avremmo pensato. Mentre ragionare in termini di continuum, ci permette invece di adattare tali possibili soluzioni alla realtà in divenire.

Cosa fare allora?

Il comune denominatore di qualsiasi scenario immaginabile sembra essere la capacità di adattarsi velocemente a nuove realtà. Qualsiasi sforzo personale e organizzativo, a mio modestissimo avviso, dovrebbe andare in questa direzione.

Tutte le aziende dovrebbero sfruttare questo momento per destinare una parte del tempo di lavoro all’acquisizione di competenze connesse con la capacità di affrontare il cambiamento e velocizzare i tempi di reazione. La tecnologia disponibile dovrebbe essere utilizzata, più che per fare infinite riunioni virtuali, per favorire capacità di problem solving, per insegnare ai partecipanti a sbagliare e fallire quanto più velocemente e frequentemente possibile. Tutte le attività possibili in presenza, che naturalmente ci saranno ma saranno più rare e per questo più preziose, dovrebbero essere sfruttate per favorire le competenze relazionali di gruppo sia verso l’interno (rafforzamento dell’identità e del team di lavoro) sia verso l’esterno (rapporto con clienti e fornitori). Sfruttare al meglio questo tipo di interazione permetterà a aziende e professionisti di essere più competitivi.

Non dimentichiamoci che l’essere umano è un animale sociale. Ad oggi non c’è alcuna tecnologia in grado di sostituire o surrogare il nostro bisogno ancestrale di relazionarci con i nostri simili. Non esiste – e probabilmente non esisterà mai – alcuno strumento o piattaforma in grado di ricreare le emozioni che proviamo durante un’esperienza reale di un concerto, di un evento sportivo, di una stretta di mano o di un viaggio. È impossibile creare e sviluppare legami di fiducia profondi e duraturi con connessioni esclusivamente su supporti virtuali.

Parafrasando il pensiero di Simon Sinek

la “fiducia virtuale” non esiste.

 

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Roberto Locatelli

Roberto è il responsabile dei progetti di formazione di People Group. Formatore, appassionato di neuroscienze e Guida Canyon, è sempre alla ricerca di nuovi modi per conoscere e interpretare la realtà che ci circonda.